lunedì 29 marzo 2010

ALZHEIMER, 17 APRILE TERZA GIORNATA PER LA PREVENZIONE

(ASCA) - Roma, 2 mar - Sara' possibile fare dei mental test predittivi dell'insorgenza della malattia, ma si potranno anche ricevere informazioni sulle forme di assistenza per chi ne e' affetto o sui comportamenti piu' efficaci per prevenirla: tornano nelle piazze italiane i gazebo informativi contro il morbo d'Alzheimer, malattia che nel nostro Paese colpisce circa 450 mila persone. Ad allestirli saranno i gruppi territoriali dell'Associazione nazionale anziani e pensionati (Anap) e dell'Associazione nazionale comunita' sociali e sportive (Ancos) di Confartigianato Persone in occasione della terza Giornata nazionale per la prevenzione dell'Alzheimer ''Senza ricordi non hai futuro, non permettere all'Alzheimer di cancellare il tuo domani''.''I questionari che raccoglieremo nella giornata del 17 aprile - spiega Enzo Ciccarelli, presidente dell'Anap - saranno aggiunti a quelli compilati dai nostri soci. Tutti saranno poi inviati al Dipartimento di Scienze dell'invecchiamento dell'Universita' La Sapienza che provvedera' ad inserirli in un apposito data base e poi ad elaborare uno studio medico-statistico sull'Alzheimer''.La terza Giornata nazionale per la prevenzione dell'Alzheimer e' organizzata, come le precedenti, in collaborazione con la Croce rossa italiana, con il Dipartimento di scienze dell'invecchiamento dell'Universita' La Sapienza di Roma, con la Federazione italiana medici geriatri (Fimeg) e, a livello territoriale, con diverse associazioni di volontariato.Quest'anno vede anche la collaborazione del settimanale ''Vita.it'' ed il contributo istituzionale di Novartis.

Senso di vita e nuovi propositi preservano da declino cognitivo

Durante l'invecchiamento avere uno scopo di vita e nuovi progetti per il futuro ridurrebbe significativamente il rischio di sviluppare l'Alzheimer. Lo dicono i risultati di uno studio longitudinale condotto dal Rush University Medical Center di Chicago pubblicato sugli Archives of General Psychiatry.
I ricercatori del Rush University Medical Center, già famoso per avere reso disponibile su web un applicativo di assessment personalizzato della salute (myrushhealthadvisor.com), hanno valutato all'inizio dello studio scopi e progetti di un campione di più di 900 anziani sani residenti nell'area metropolitana di Chicago (Rush Memory and ging Project) e, annualmente per 7 anni consecutivi, le condizioni cliniche dettagliate dei soggetti e il loro profilo cognitivo (memoria episodica, memoria semantica, memoria di lavoro, velocità di elaborazione delle informazioni, abilità visuospaziali ecc.) con una batteria di 21 test neuropsicologici, al fine di rilevarne i cambiamenti nel tempo e registrare l'incidenza del declino cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment o MCI) e dell'Alzheimer (AD).
Il "purpose in life" è un costrutto psicologico che si riferisce alla tendenza a trovare senso nelle esperienze di vita e possedere intenzionalità e orientamento agli obiettivi nell'ambito del proprio comportamento. Per "misurare" il costrutto i ricercatori americani hanno utilizzato una scala a 10 item derivata dalle Ryff’s Scales of Psychological Well - Being.
Risultato: dei 951 partecipanti, 155 hanno sviluppato Alzheimer (16,3%); in un modello di rischio aggiustato per età, sesso ed educazione, maggiori progetti e scopi di vita sono risultati associati a una sostanziale riduzione del rischio di sviluppare Alzheimer.
"Una persona con elevato punteggio alla scala purpose in life (4,2 punti, pari al 90° percentile) ha una probabilità 2,4 volte maggiore di restare libero dall' Alzheimer rispetto a una persona con basso punteggio (3 punti, pari al 10° percentile)", spiegano i ricercatori di Chicago.
"Va tenuto presente che questa associazione è risultata indipendente dallo stato psicologico e relazionale della persona, come sintomi di depressione, nevrosi, entità della rete sociale, ma anche dalle condizioni mediche croniche", precisano gli americani.
Risultati analoghi sono stati riscontrati nello studio rispetto all'MCI e al tasso di declino cognitivo medio.

Il ruolo immunitario della proteina beta amiloide

Uno studio dimostra che la proteina ha un'attività protettiva nei confronti di un’ampia gamma di patogeni
La proteina beta amiloide (A-beta), il principale costituente delle placche che si trovano nel cervello dei pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer, potrebbe rappresentare una parte della prima linea di difesa dell’organismo nei confronti degli agenti infettivi. In un articolo apparso sulla rivista online ad accesso libero PLoS One, un gruppo di ricercatori del Massachusetts General Hospital (MGH) dimostra che tale proteina è un peptide antimicrobico che fa parte del sistema immunitario."Per anni si è ritenuto che l’A-beta fosse solo uno scarto metabolico del cervello, ma i nuovi dati suggeriscono che si tratta di una normale componente del sistema immunitario”, ha commentato Rudolph Tanzi, direttore della Genetics and Aging Unit del MassGeneral Institute for Neurodegenerative Disease (MGH-MIND) e coautore senior dello studio. “È come se i fattori che innescano l’iperattività del sistema immunitario innato, non solo le infezioni ma anche gli eventi traumatici che colpiscono il cervello e che sono già noti per la loro capacità di incrementare il rischio di Alzheimer, potessero causare un’eccessiva deposizione di A-beta.”Com’è noto, l’A-beta è tossica per i neuroni, e il suo accumulo in forma di placche nel cervello dei pazienti colpiti da Alzheimer può portare alla neuro degenerazione che caratterizza la patologia.La proteina si origina quando una più grande molecola genitrice chiamata proteina precursore della beta amiloide viene scissa da specifici enzimi. Da questo processo si possono generare diversi tipi di A-beta: i più comuni sono le forme note come A-beta 40 e A-beta 42, che con maggiore probabilità si aggregano a formare le placche tossiche.In quest’ultimo studio, i ricercatori sono partiti dalla constatazione di numerose somiglianze fisiche, chimiche e biologiche tra l’A-beta e i peptidi antimicrobici, tra cui in particolare una proteina umana denominata LL-37. Si è così proceduto a verificare l’attività antimicrobica della LL-37 e di versioni sintetiche di A-beta 40 e di A-beta 42 nei confronti di un’ampia gamma di patogeni: i risultati hanno dimostrato che l’A-beta è in grado di inibire la crescita di otto dei 15 organismi testati. Contro sette di questi – tra cui il lievito Candida albicans, alcune forme dei batteri Listeria, Staphylococcus e Streptococcus – l’A-beta è risultata non meno attiva della LL-37. Per sei di essi, infine, l’A-beta 42 è risultata più potente dell’A-beta 40.I ricercatori perciò ipotizzano che l’attivazione cronica del sistema immunitario innato in risposta sia a un’infezione momentanea sia a una persistente del sistema nervoso centrale possa portare a un’eccessiva produzione di A-beta e al suo conseguente accumulo.

Morbo di Alzheimer: nuova ipotesi genetica spiega la maggiore incidenza nelle donne

Potrebbero essere le donne quelle più esposte al Morbo di Alzheimer e ciò sarebbe riconducibile ad un fattore genetico, lo avrebbe stabilito uno studio scientifico pubblicato sulla rivista Nature Genetics dal professore Steven Younkin, ricercatore presso il Mayo Clinic College of Medicine (Jacksonville, Florida - Usa), secondo il quale nel cromosoma X potrebbe essere presente una mutazione genetica associata al Morbo di Alzheimer.

La variante genetica che sarebbe coinvolta nella malattia fa parte del gene PCDH11X, capace di controllare la protocaderina, una particolare proteina che se danneggiata non darebbe più la possibilità alle cellule nervose di interconnettersi fra di esse.
Sbagliata dunque l’ipotesi secondo la quale la donna andava incontro all’Alzheimer perché da sempre gode di una vita media più lunga rispetto all’uomo; propendendo invece per questa ipotesi genetica il segreto della maggiore incidenza della malattia nel sesso “debole” risiederebbe nel cromosoma X, che, come sappiamo, è posseduto in forma doppia nella donna che dunque sarebbe maggiormente esposta alla malattia rispetto all’uomo.
Quando la variazione genetica si limita ad un solo cromosoma X della donna, il rischio di insorgenza della malattia di Alzheimer si equivale con quello dell’uomo. Insomma, ci troviamo di fronte ad un’ipotesi molto importante ai fini dell’insorgenza della grave patologia, per lo meno è la prima volta che si attribuisce tanta importanza all’ipotesi genetica del Morbo di Alzheimer nei due sessi, fermo il fatto, tuttavia, che il fattore età resta sempre una variante molto importante da considerare sempre.

mercoledì 24 marzo 2010

Salute: Alzheimer, Diagnosi Precoce Grazie Al Test ''Preciso'' Al 96%

(ASCA) - Roma, 15 mar - Alzheimer: studiosi americani hanno realizzato un test in grado di diagnosticare precocemente l'insorgere della patologia con una precisione del 96%, secondo quanto emerge da uno studio che sara' pubblicato in aprile su Journal of Alzheimer's Disease dai ricercatori della University of Tennessee, di Knoxville negli Usa. Gli studiosi hanno messo a punto un test diagnostico, chiamato CST (Computerized Self Test), in grado di individuare precocemente la presenza del morbo di Alzheimer e di altre forme di deterioramento cognitivo. Nel corso della ricerca, gli esperti hanno constatato che la precisione del CST nel diagnosticare tali disturbi raggiunge il 96%, motivo per il quale risulta piu' efficace degli altri test attualmente in uso - che sono risultati precisi soltanto al 71% e al 69%. ''La diagnosi precoce rappresenta uno dei fronti piu' importanti per la ricerca sull'Alzheimer - spiega Rex Cannon, ricercatore della University of Tennessee -. L'applicazione di strumenti come il CST risulta pertanto di estrema importanza nel settore delle cure primarie''.

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venerdì 19 marzo 2010

ALZHEIMER: NOTIZIE GENERALI, STORICHE, PATOGENESI E TERAPIE

Il morbo di Alzheimer è una demenza degenerativa invalidante ad esordio prevalentemente senile (oltre i 60 anni, ma può manifestarsi anche in epoca presenile - prima dei 60 anni) e prognosi infausta. Prende il nome dal suo scopritore, Alois Alzheimer.La malattia (o morbo) di Alzheimer è oggi definita come quel «processo degenerativo che distrugge progressivamente le cellule cerebrali, rendendo a poco a poco l'individuo che ne è affetto incapace di una vita normale». In Italia ne soffrono circa 800 mila persone, nel mondo 26,6 milioni secondo uno studio della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, Usa, con una netta prevalenza di donne.Definita anche "demenza di Alzheimer", viene appunto catalogata tra le demenze essendo un deterioramento cognitivo cronico progressivo. Tra tutte le demenze quella di Alzheimer è la più comune rappresentando, a seconda della casistica, l' 80-85% di tutti i casi di demenza.La malattia si manifesta inizialmente come demenza caratterizzata da amnesia progressiva e altri deficit cognitivi. Il deficit di memoria è prima circoscritto a sporadici episodi nella vita quotidiana, ovvero disturbi di quella che viene chiamata memoria a breve termine (ricordarsi cosa si è mangiato a pranzo, cosa si è fatto durante il giorno) e della memoria prospettica (che riguarda l'organizzazione del futuro prossimo, come ricordarsi di andare a un appuntamento); poi mano a mano il deficit aumenta e la perdita della memoria arriva a colpire anche la memoria episodica retrograda (riguardante fatti della propria vita o eventi pubblici del passato) e la memoria semantica (le conoscenze acquisite), mentre la memoria procedurale (che riguarda l'esecuzione automatica di azioni) viene relativamente risparmiata. Ai deficit cognitivi si aggiungono infine complicanze internistiche che portano a una compromissione insanabile della salute. Una persona colpita dal morbo può vivere anche una decina di anni dopo la diagnosi conclamata di malattia. Tuttavia una diagnosi certa si ha solo con l'esame autoptico.Col progredire della malattia le persone non solo presentano deficit di memoria, ma risultano deficitarie nelle funzioni strumentali mediate dalla corteccia associativa e possono pertanto presentare afasia, aprassia, fino a presentare disturbi neurologici e poi internistici. Pertanto i pazienti necessitano di continua assistenza personale.A livello macroscopico, la malattia è caratterizzata da una diminuzione nel peso e nel volume del cervello, dovuta ad atrofia corticale, visibile anche in un allargamento dei solchi e corrispondente appiattimento delle circonvoluzioni. A livello microscopico e cellulare sono riscontrabili depauperamento neuronale, placche senili, degenerazione neurofibrillare, angiopatia congofila.La malattia è dovuta a una diffusa distruzione di neuroni, causata principalmente dalla betamiloide, una proteina che depositandosi tra i neuroni agisce come una sorta di collante, inglobando placche e grovigli "neurofibrillari". La malattia è accompagnata da una forte diminuzione di acetilcolina nel cervello (si tratta di un neurotrasmettitore: una molecola fondamentale per la comunicazione tra neuroni, e dunque per la memoria e ogni altra facoltà intellettiva). La conseguenza di queste modificazioni cerebrali è l'impossibilità per il neurone di trasmettere gli impulsi nervosi e quindi la morte.
STORIA
Nel 1901, il dottor Alois Alzheimer, uno psichiatra tedesco, intervistò una sua paziente, la signora Auguste D., di 51 anni. Le mostrò parecchi oggetti e successivamente le chiese che cosa le era stato indicato. Lei non poteva però ricordarsi. Inizialmente registrò il suo comportamento come "disordine da amnesia di scrittura", ma la signora Auguste D. fu la prima paziente a cui venne diagnosticata la malattia di Alzheimer.
PATOGENESI
Dall'analisi post-mortem di tessuti cerebrali di pazienti affetti da Alzheimer, si è potuto riscontrare un accumulo extracellulare di una proteina, chiamata Beta-amiloide. Nei soggetti sani la beta-amiloide deriva dalla APP (proteina progenitrice dell'amiloide) in una reazione biologica catalizzata dall'alfa-secretasi che produce una beta-amiloide costituita da 40 amminoacidi. Per motivi non totalmente chiariti, nei soggetti malati l'enzima che interviene sull' APP non è l'alfa-secretasi ma una sua variante, la beta-secretasi, che porta alla produzione di una beta-amiloide anomala, costituita da 42 amminoacidi invece che 40. Tale beta amiloide non presenta le caratteristiche biologiche della forma naturale, e tende a depositarsi in aggregati extracellulari sulla membrana dei neuroni. Tali placche neuronali innescano un processo infiammatorio che richiama macrofagi e neutrofili i quali produrranno citochine, interleuchine e TNF alfa che danneggiano irreversibilmente i neuroni.Ulteriori studi mettono in evidenza che nei malati di Alzheimer interviene un ulteriore meccanismo patologico: all'interno dei neuroni, una proteina tau, fosforilata in maniera anomala, si accumula in aggregati neurofibrillari o ammassi neurofibrillari. Particolarmente colpiti da questo processo patologico sono i neuroni colinergici, specialmente quelli delle aree corticali, sottocorticali e, tra queste ultime, le aree ippocampali. In particolare l'Ippocampo interviene nell'apprendimento e nei processi di memorizzazione perciò la distruzione dei neuroni di queste zone è ritenuta essere la causa della perdita di memoria dei malati.Si è anche ipotizzata l'ingerenza di alluminio come causa del morbo di Alzheimer anche se però tutt'ora non ci sono sufficenti prove.
TERAPIA
Anche se al momento non esiste una terapia che permetta di curare l'Alzheimer, sono state proposte diverse strategie terapeutiche per provare a gestire clinicamente il morbo di Alzheimer; tali strategie puntano a modulare farmacologicamente alcuni dei meccanismi patologici che ne stanno alla base.In primo luogo, basandosi sul fatto che nell'Alzheimer si ha diminuzione dei livelli di acetilcolina, l'idea è stata quella di provare a ripristinarne i livelli fisiologici. L'acetilcolina pura non può però essere usata, in quanto troppo instabile e con un effetto limitato. Gli agonisti colinergici invece avrebbero effetti sistemici e produrrebbero troppi effetti collaterali, e non sono quindi utilizzabili. Si possono invece usare gli inibitori della colinesterasi, l'enzima che metabolizza l'acetilcolina: inibendo tale enzima, aumentiamo la quantità di acetilcolina nello spazio sinaptico.Sono a disposizione della terapia farmaci inibitori dell'acetilcolinesterasi che hanno una bassa affinità per l'enzima presente in periferia, e che sono sufficientemente lipofili da superare la Barriera Emato-Encefalica (BEE) e agire quindi di preferenza sul Sistema Nervoso Centrale. Tra questi, la Fisostigmina, la Galantamina e la Neostigmina sono stati i capostipiti, ma l'interesse farmacologico è attualmente maggiormente concentrato sugli inibitori reversibili della acetilcolinesterasi quali la Rivastigmina e la Galantamina. La Tacrina non è più utilizzata perché epatotossica, mentre il Donepezil, inibitore non competitivo dell'acetilcolinesterasi, sembrerebbe più efficace perché, con una emivita di circa 70 ore, permette una sola somministrazione al giorno (mentre la Galantamina ha una emivita di 7 ore). Ovviamente però il Donepezil è più soggetto a manifestare effetti collaterali dovuti ad un aumento del tono colinergico (quali insonnia, aritmie, bradicardia, nausea, diarrea). Di contro, la Galantamina e la Rivastigmina possono causare gli stessi effetti, ma in misura molto minore.Un approccio alternativo alla patologia potrebbe essere l'uso di FANS (anti-infiammatori non steroidei). Come detto, nell'Alzheimer è presente una componente infiammatoria che distrugge i neuroni. L'uso di antiinfiammatori potrebbe quindi migliorare la condizione dei pazienti. Si è anche notato che le donne in cura post-menopausale con farmaci estrogeni presentano una minor incidenza della patologia, facendo così presupporre un'azione protettiva degli estrogeni.I ricercatori hanno messo in evidenza anche l'azione protettiva della vitamina E (alfa-tocoferolo), che sembra prevenire la perossidazione lipidica delle membrane neuronali causata dal processo infiammatorio.Sul processo neurodegenerativo può intervenire anche l' eccitotossicità, ossia un'eccessiva liberazione di acidi Glutammico ed Aspartico, entrambi neurotrasmettitori eccitatori, che inducono un aumento del calcio libero intracellulare, il quale è citotossico. Si è quindi ipotizzato di usare farmaci antagonisti del glutammato e dell'aspartato, ma anche questi ultimi presentano notevoli effetti collaterali. Al momento sono presenti in commercio farmaci definiti Nootropi ("stimolanti del pensiero"), come il Piracetam e l'Aniracetam: questi farmaci aumentano il rilascio di Acido Glutammico; anche se questo parrebbe in netta contrapposizione a quanto detto sopra, si deve tenere presente che comunque tale neurotrasmettitore è direttamente implicato nei processi di memorizzazione e di apprendimento. Aumentandone la quantità, si migliora quindi la qualità della vita dei pazienti.Ultimo approccio ipotizzato è l'uso di Pentossifillina e Diidroergotossina (sembra che tali farmaci migliorino il flusso ematico cerebrale, permettendo così una migliore ossigenazione cerebrale ed un conseguente miglioramento delle performance neuronali). Sempre per lo stesso scopo è stato proposto l'uso del Gingko biloba.Negli Stati Uniti è in sperimentazione anche una terapia genica, che prova ad utilizzare l'ormone della crescita per la cura dell'Alzheimer.Le forme di trattamento non-farmacologico consistono prevalentemente in misure comportamentali, di supporto psicosociale e di training cognitivo. Tali misure sono solitamente integrate in maniera complementare con il trattamento farmacologico.La cura dell'Alzheimer è però ai primi passi: al momento non esistono ancora farmaci che guariscano o blocchino la malattia. Si può migliorare la qualità della vita dei pazienti malati e provare a rallentarne il decorso nelle fasi iniziali.

giovedì 4 marzo 2010

QUELLI CHE...

QUELLI CHE... L'Alzheimer è un silenzio che urla nella mente!


La nostra Associazione ha aperto su FACEBOOK il gruppo: QUELLI CHE... L'Alzheimer è un silenzio che urla nella mente!

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MEMORIA STORICA DELL'ASSOCIAZIONE

Milano, 27 aprile 1995, ore 9 Opening Ceremony nell’Aula Magna dell’Università Statale del 5th Alzheimer Europe Annual Meeting. Sono giunto puntuale da Linate con un ATR dall’Aeroporto di Pisa. Una grande emozione in un’Aula Magna affollata: tanta gente di Scienza, una platea di Persone illustri, quelle che contano e quasi inesistente il vero popolo dell’Alzheimer, il popolo che subisce il silenzio assordante della Società Civile carico di silenzi e indifferenza, silenzi, però, che recano disturbo e sofferenze. Seguo con attenzione e interesse per capire il problema e magari scoprire i nuovi confini della scienza. Sabato 29 aprile alle ore 13 si conclude il convegno con la presentazione del Piano Alzheimer della Regione Lombardia. Una corsa in taxi per l’aeroporto e ritorno a Livorno con una visione più chiara del problema.
Mi muovo per informare la città sul problema Alzheimer. Con pubblicità a pagamento in TV, con manifestini e con il classico “Passaparola” invito familiari, medici, assistenti sociali, infermieri e volontari a un incontro con la città il 22 agosto 1995 alle ore 17 presso la sede del Comitato Unitario Pro Handicappati di Livorno di cui sono stato co-fondatore come volontario. Tanta gente, tanta solidarietà, tanto nuovo interesse per una malattia sconosciuta in città a tutti i livelli. Argomento: “Alzheimer: i familiari e la malattia”. Il problema era salito in superficie. Una prima vittoria.
La realizzazione di questa inedita manifestazione è stata sostenuta nei mesi precedenti dalla fattiva collaborazione dell’AIMA, Associazione Italiana Malattia Alzheimer, Sezione di Firenze fondata l’anno precedente dal Dr. Manlio Matera con il quale per molti anni e cioè fino al giugno del 1999 ho collaborato intensamente. L’AIMA prima Associazione sull’Alzheimer registrata nella Regione Toscana e la Sezione AIMA Livorno a seguire.
Mercoledì 9 agosto 1995 presso “Acqua il Parco” di Cecina manifestazione sportiva con un incontro ufficiale di Calcetto alle ore 20,30 fra 2 formazioni giovanili. Tanta gente molto curiosa di sapere. Eravamo sulla strada giusta.
Importante la collaborazione di Manlio Matera.
Sempre nel 1995 quattro concerti: Sabato 15 giugno ore 21,15 Chiesa di N.S. del Rosario Via Mangini,30: “Una Melodia per l’Alzheimer” : Corale “Pietro Mascagni”, Coro Polifonico Giovanile, Coro Voci bianche “Benedetto Marcello” Scuola Elementare Statale “P. Thouar” di Livorno, Direttore, Francesco del Zoppo.
Giovedì 21 dicembre 1995, ore 21,15, Chiesa S. Maria del Soccorso, Piazza Magenta di Livorno, Concerto di Natale, Coro “P.Mascagni”, Direttore Francesco del Zoppo, con la partecipazione del Coro di Voci Bianche “Benedetto Marcello” della Scuola Elementare “P. Thouar” di Livorno, Direttore Marcello Lasi e la collaborazione del Coro “F. de Monte”.
Nel mese di Ottobre 1995 presso il Santuario di Montenero concerto diretto sempre dal Maestro Francesco del Zoppo.
Manifestazioni sempre riuscite, molto pubblico sempre partecipante per le manifeste finalità e sempre emotivamente sollecitato per l’evento musicale artisticamente di alto livello.
27 Dicembre 1995, una data importante.
Il Gruppo di Volontari decide di costituire l’Associazione. Il 27 Dicembre 1995 di fronte al Dr. Roberto Mameli, Notaio in Livorno, presso il Suo Studio in Livorno, Scali Aurelio Saffi, n.21, si presentano i Sigg..Marcacci dr. Giuseppe, Vizzoni prof. Luciano, Lasi Marcello, Simoncelli Carla, Cagnolini Antonella, Pantani Nedo, Giuliano Luigi, Druda Gabriella, Pucciarelli Elena Cagnoni Maria Luisa, Guercio Lidia, Scotto Luigi, Volpi Odette, Ciani Gioietta, Cecconi Rolando, Pellegrini Ernesta.
Per poter iniziare una collaborazione con le Istituzioni Pubbliche e con la città stessa decidiamo di organizzare un Convegno.
Con il Patrocinio di Regione Toscana, Comune di Livorno, Provincia di Livorno, Azienda USL 6- Zona Livornese, Ordine dei Medici Livorno, l’Associazione Italiana Malattia Alzheimer organizza un Convegno a Livorno presso l’Auditorium della Camera di Commercio, Piazza del Municipio,48 sul tema “La malattia di ALZHEIMER, aspetti epidemiologici, clinici e socioassistenziali” il giorno 29 Febbraio 1996 alle ore 15.
Convegno ben organizzato, molto pubblico, molte Relazioni molto importanti dal punto di vista scientifico e sociale. Relatori importanti e tra questi addirittura il Prof. Luigi Amaducci.
Tutti i relatori di alto livello. Dr.ssa M.Grazia Rastelli, Direttore Sanitario Azienda USL6, Presidente prima parte del Convegno, Dr. Giuseppe Marcacci. Dr.ssa Laura Bracco, Prof. Luciano Vizzoni, Primario Pediatria Ospedale di Livorno, Presidente seconda parte del Convegno, Marco Filippi, assessore Sicurezza Sociale Comune di Livorno,Dr. Manlio Matera Presidente A.I.. di Firenze, Carlo Melani Presidente IV° Commissione Permanente del Consiglio Regionale della Toscana, Dr. Vincenzo Pastore, Responsabile di Zona e del Dipartimento di Salute Mentale USL6, Dr.ssa Odette Volpi Società Volontaria di Soccorso S.V.S.
Anno 1996 inizia il primo Corso di Formazione per Volontari in tema di Assistenza ai pazienti con malattia di Alzheimer.
Molti i Convegni con lo scopo di informare la cittadinanza sul problema Alzheimer.Molte le manifestazioni culturali e musicali finalizzate alla solidarietà.
L’11 giugno 1999 a Milano all’Assemblea Nazionale dei soci AIMA fu pronunciato voto contrario al nuovo Statuto AIMA dallo scrivente e da Luigi Scotto, a cui seguì l’uscita senza appello dell’AIMA di Livorno dall’Organizzazione AIMA Nazionale.
Purtroppo furono chiusi anche i rapporti personali. L’espulsione fu un atto negativo, perché chiuse ogni forma di collaborazione sui difficili problemi posti dalla malattia. Comunque, nonostante l’inconciliabilità delle opinioni sul nuovo Statuto e sul silenzio che dura da dieci anni voglio dare atto pubblicamente dell’importanza del sostegno che ci veniva dato dalla Presidente dell’AIMA di Milano, dott.ssa Patrizia Spadin, per la realizzazione della nostra Associazione a Livorno e in provincia. Molto importante per me fu l’esperienza culturale e sociale di un territorio già in avanti sul problema. E ottimi e solidali erano i rapporti personali basati sulla spontaneità e sul reciproco rispetto. Abbiamo comunque continuato il nostro impegno con modalità diverse sempre con lo scopo di garantire ai malati e alle famiglie una buona e significativa qualità della vita.
E il 29 novembre 2000 davanti al dottor Valerio Vignoli, notaio in Livorno fu costituita una denominata “Associazione Malattia di Alzheimer – in sigla “A.M.A. Onlus – Provincia di Livorno”. Soci fondatori i Sigg. Marcacci dr. Giuseppe, Vizzoni prof. Luciano, Lasi Marcello, Druda Gabriella, Guercio Lidia, Scotto Luigi, Berti Giampaolo, Parigi Oriana, Dalena Angela, Donti Guido, Mini Aldo, Monticelli Enrica, Pannocchia Luciano, Greco Umberto.
Dall’anno 2000 più intenso l’impegno e più importante la svolta. Si parla del concreto,non del possibile. Si realizza il Centro Diurno “ Alba Bruna Martini “ in una palazzine di Villa Serena per 15 persone malate di Alzheimer. Otteniamo importanti interventi economici dalla Regione Toscana, l’ADI dedicata per malati di Alzheimer, intervento assistenziale a domicilio gestito dal Comunità Impegno, Società Cooperativa Sociale di Livorno, un Nucleo nella RSA di Coteto per 14 persone con malattia di Alzheimer, una Sezione Alzheimer, poi definita per malattie neurodegenerative presso l’ U.O. di Neurologia del Presidio Ospedaliero di Livorno, trasfita in seguito presso la RSA di Coteto. Altrettanto abbiamo chiesto nella Zona Val di Cornia. Oggi funziona l’ADI dedicata all’Alzheimer, uno spazio come Centro Diurno nella RSA di Piombino. Sempre a Piombino è stata attiva una sezione della nostra associazione fin dal 1996 in Via S.Francesco e poi in Piazza della Costituzione nei primi anni del 2000. Poiché il canone di affitto era per noi molto alto, abbiamo dovuto rinunciare ad una sede ed venuto a mancare, di conseguenza, anche un rapporto con i cittadini. Attualmente abbiamo un piccolo spazio in coabitazione con altre associazioni per due ore una volta la settimana nella sede, ora ex, della Direzione USL 6 di Piombino. Continua tuttora il rapporto di collaborazione tra l’AMA e l’Azienda USL6. Negli ultimi mesi abbiamo affrontato con altre associazioni di volontariato insieme alla Dr.ssa Pagliacci e ai rappresentanti dei medici di medicina generale i problemi delle persone anziane difficoltà a causa della non autosufficienza.
Ci piace ricordare tra le tante attività messe in atto per far conoscere il problema Alzheimer l’esperienza teatrale.
Dopo un primo spettacolo nel mese di luglio 2004 per valutarne l’impatto con il pubblico, risultato efficace, nei giorni 6-7/13-14 dicembre 2004 viene presentato lo spettacolo con il titolo “Prova compromessa “. Molto successo e voglia di continuare l’esperienza.
L’impegno sarà ripreso nel prossimo 2010 preceduto da due eventi significativi di un nuovo, particolare impegno culturale. Non si deve sopravvivere. Dobbiamo cambiare la marcia con determinazione per poter gettare con convinzione lo sguardo oltre il futuro. Una sfida coraggiosa, ma necessaria, per dare speranza a tutta quella umanità che vive inascoltata nella sofferenza.
Il Presidente Marcello Lasi